Complimenti, hai terminato le registrazioni del tuo prossimo album ed ora è tempo di farlo uscire!
In questo articolo ti mostrerò le quattro forme più diffuse di pubblicazione discografica ed alcune importanti questioni che riguardano la gestione dei flussi monetari in uscita (costi) ed entrata (royalties).
AUTOPRODUZIONE – Do It Yourself (DIY)
Praticamente tutti i gruppi al primo disco imparano subito a doversela cavare da soli.
Autoproduzione significa che il gruppo non viene affiancato da nessun soggetto esterno (etichetta discografica) che collabora economicamente al progetto, ma realizza a proprie spese le registrazioni della sua musica, la distribuisce e la promuove.
La scelta dell’autoproduzione, oltre ad essere dettata da ragioni contingenti (non hai molti contatti e da qualche parte devi pur partire), può rispondere a due precise motivazioni
- Far crescere il proprio progetto in maniera autonoma fino ad arrivare al punto di diventare appetibile per un’etichetta più grande (se dimostri di saper fare molto bene da solo, sarà più facile ingolosire chi può darti una mano che avrà la garanzia di potersi fidare del tuo potenziale)
- Mantenere il 100% dei profitti derivanti dalle vendite della tua musica
Per distribuire la propria musica esistono numerosi servizi online che pubblicano i tuoi brani sulla maggior parte dei principali digital store. Puoi dare uno sguardo a www.zimbalam.it o www.soundaymusic.com anche se ti consiglio di distribuire online la tua musica solo dopo esserti informato molto bene, in un altro articolo ti spiego perché uploadare i tuoi brani online può essere una pessima idea se non sai come farlo.
Quando tutte le spese di produzione, promozione e distribuzione sono a carico del gruppo, è consigliabile regolare i rapporti interni alla band in maniera molto chiara per evitare problemi futuri.
È possibile, con una semplice scrittura privata tra i componenti del gruppo, fissare alcune questioni molto importanti come i ruoli (oltre a suonare, ognuno nel gruppo deve avere un compito ben preciso per fare in modo che tutti collaborino allo stesso modo) e la divisione delle royalties, cioè dei proventi derivanti dalla distribuzione.
È opportuno sancire in forma scritta un accordo in cui si stabilisce come dividere i soldi derivanti dalla vendita della musica tra i membri di una band.
Cosa diversa riguarda il diritto d’autore che viene regolato al momento del deposito per esempio del brano presso la Siae. Le somme riguardanti i diritti d’autore spettanti dalla riproduzione pubblica della tua musica saranno corrisposte dalla Siae (o da un’altra società se ti iscrivi ad altro ente analogo) in percentuali pari a quelle indicate al momento del deposito del brano (se c’è un solo autore sarà lui a ricevere tutte le spettanze mentre nel caso in cui un pezzo sia stato scritto collettivamente bisognerà decidere le percentuali al momento del deposito del brano).
Attenzione a non confondere royalties e diritto d’autore. È molto frequente il caso in cui l’autore di un brano sia unico (dunque la Siae pagherà tutto a lui) mentre un gruppo decide di distribuire gli utili derivanti dalla distribuzione (royalties) in maniera equa e paritaria tra i suoi membri.
ETICHETTA INDIPENDENTE
L’universo delle etichette indipendenti è assolutamente vario.
Esistono label di tutti i tipi e livelli, dalla ditta individuale e semi-artigianale fino a strutture societarie molto più complesse che dispongono di budget significativi ed hanno una potenza promozionale quasi analoga alle major.
A seconda della grandezza dell’etichetta indipendente e del grado di popolarità della band messa sotto contratto (gruppi più famosi garantiscono introiti maggiori), una label partecipa ai costi di produzione di un disco per una percentuale che va da 0 a 100%.
In pratica se la tua etichetta è molto potente o la tua band molto conosciuta, potrai ricevere dei soldi che coprono la totalità delle spese di produzione del tuo album, mentre se l’etichetta è molto piccola o tu assolutamente sconosciuto, non ci sarà nessuna partecipazione della label nell’investimento per la produzione.
Inutile dire che nel mezzo ci sono tutta una quantità di soluzioni intermedie che vengono negoziate tra le parti a seconda dei casi.
È molto importante chiarire un punto che riguarda la possibilità che l’etichetta metta a disposizione un budget per la produzione della tua band.
In questo caso si parla solitamente di “anticipo royalties”, cioè i soldi che ricevi saranno scalati dalle spettanze derivanti dalle vendite nel momento in cui il tuo nuovo disco sarà immesso nel mercato.
Le percentuali royalties, nel caso in cui l’etichetta investa per la produzione, sono per l’artista molto basse, di solito oscillano tra l’11 ed il 16% del cosiddetto PPD (Published Price per Dealer), cioè del prezzo proposto ai distributori.
In genere le percentuali royalties si conteggiano in maniera scalare, cioè variano a seconda di quante copie vengono vendute (le royalties sono direttamente proporzionali alle vendite ed in generale ogni accordo viene negoziato caso per caso).
Ma non è tutto.
I tuoi proventi vengono calcolati al netto delle spese di produzione, promozione e distribuzione.
Hai capito bene.
Se l’etichetta investe 50000 euro sul tuo progetto, inizierai a guadagnare dopo il break even point, cioè dal momento in cui le vendite del tuo disco avranno pareggiato le spese sostenute dalla label per produrre e promuovere il tuo album.
Negli ultimi anni i contratti con le etichette indipendenti si sono evoluti in forme nuove come il cosiddetto “Accordo a 360 gradi” in cui la partecipazione sui profitti per l’etichetta si estende oltre i dischi, al merchandising, ai diritti d’immagine e ai proventi derivanti dai live e da altre attività promozionali; ultimamente si assiste sempre più spesso anche ad accordi limitati alla sola distribuzione online per la quale la label percepisce proventi lasciando la gestione della distribuzione fisica all’artista che guadagna il 100% dalla vendita dei dischi.
Talvolta le etichette indipendenti possono estendere il proprio rapporto con un artista dal lato discografico a quello editoriale.
Se la label indipendente è anche società di edizioni, può acquisire, attraverso un ulteriore contratto, anche i diritti editoriali di alcuni o tutti i brani del disco. In questo modo l’etichetta non guadagnerà soltanto attraverso le attività discografiche, ma percepirà dei compensi analoghi al diritto dell’autore corrisposti dalla Siae o società analoghe, per la riproduzione pubblica di un’opera.
Mentre l’autore non vedrà assolutamente ridursi la percentuale del suo diritto d’autore, la cessione delle edizioni può essere un buon incentivo per invogliare l’etichetta a promuovere e far circolare un’opera.
Il rovescio della medaglia è che l’acquisizione del diritto editoriale è spesso uno strumento che le piccole label attuano per tutelare sé stesse e vincolare un artista nel caso in cui ricevesse in futuro le attenzione di un’etichetta più grande. In questo modo infatti la label che è anche editrice, vincola la band non soltanto limitatamente alla licenza sul disco che ha pubblicato (per un periodo di tempo determinato o un quantitativo di copie stampate definite), ma è di fatto proprietaria di una titolarità sui suoi brani, il che rende non impossibile ma certamente più macchinosa la negoziazione con una nuova label per eventuali ristampe o utilizzo dei brani di quel repertorio.
MAJOR LABEL
Le major sono le grandi multinazionali della discografia che detengono un’indiscussa posizione di leadership nel mercato musicale mondiale. Al momento si considerano major tre grandi gruppi discografici, Universal Music, Sony Music e Warner Music. Fino a qualche anno fa la EMI completava il gruppo delle Big Four che si sono ridotte a tre dopo che quest’etichetta con sede a Londra è stata acquistata dalla Sony.
Le major non soltanto sono le etichette discografiche col fatturato maggiore, ma controllano moltissime altre etichette indipendenti di grandissimo successo come la Columbia Records, la Epic Records e la RCA Records del gruppo Sony, la Geffen (oggi Interscope Geffen A&M Records), la Capitol Music e la Island Records del gruppo Universal, la Atlantic Records, la Roadrunner Records e la Parlophone Records del gruppo Warner Music.
Entrare con una major è considerato il santo graal di ogni band, il sogno di ogni artista emergente.
In realtà i meccanismi di reclutamento ed ingresso nel roster di aziende multinazionali così ramificate e complesse, sono estremamente articolati.
Come per le indie labels, anche le major hanno delle figure al loro interno deputate alla ricerca e alla scoperta di nuovi talenti.
Gli A&R, acronimo di Artists and Repertoire, si occupano non soltanto di fare scouting, ma anche di seguire un artista nel quale è stato visto un potenziale per fare in modo che inizi a produrre e a lavorare nella direzione giusta per diventare effettivamente eleggibile per una proposta di contratto.
Cerchiamo di semplificare le cose.
Per entrare in una major ci sono 4 tipologie di contratto che regolano il rapporto con un artista.
- Demo
L’etichetta ti mette a disposizione un budget (di solito molto basso) per la produzione di un demo di poche canzoni da sottoporre poi ad una commissione artistica interna che ne valuterà il potenziale commerciale e dunque la possibilità di procedere con un accordo più sostanzioso.
Questa forma, dopo la grande crisi discografica degli anni 2000, è sempre più rara e meno diffusa.
- Contratto tradizionale
La major copre tutte le spese per la produzione e la promozione di un artista.
In questo caso la logica è molto simile al caso analogo che abbiamo visto funzionare per le etichette indipendenti riguardo alle royalties, con la differenza che la potenza promozionale di una major e la forza dei suoi comparti può garantire ad un artista anche emergente possibilità di successo maggiori.
Nel caso di un contratto tradizionale, la major opera essenzialmente su diversi livelli: produzione, online marketing e distribuzione, ufficio stampa, promozione radiofonica, distribuzione fisica, management e marketing strategico.
- Contratto a 360 gradi
Esattamente come nel caso delle grandi etichette indipendenti, anche le major ultimamente tendono a strutturare delle forme contrattuali che prevedono partecipazioni nei guadagni dei loro artisti ulteriori rispetto alle sole attività discografiche e che comprendono tutta la parte editoriale (spesso molto rigida e vincolante per l’artista e funzionale alla promozione radiofonica sui grandi network con i quali le major hanno rapporti esclusivi), merchandising, sponsorizzazioni e concerti.
In generale le percentuali royalties di questi contratti tendono ad essere un po’ più vantaggiose per gli artisti rispetto alle forme tradizionali.
- Singoli
Contratti limitati ad uno o due brani singoli da pubblicare e promuovere sono spesso molto tipici in generi come il latino-americano, l’r’n’b ed il pop nei quali l’etichetta può ottenere un ritorno dell’investimento significativo attraverso una formula smarcata dalla produzione di un intero disco.
Anche in questi casi, i vincoli contrattuali tendono ad essere molto rigidi ed estesi alle edizioni e soprattutto alle pubblicità che sempre di più fanno da motore per gli investimenti dei colossi della discografia assicurando budget e margini di guadagno molto elevati.
Le major solitamente distribuiscono la propria musica attraverso i propri canali, hanno cioè accordi personalizzati con la grande distribuzione e tutte le catene e franchising che vendono dischi per garantirsi una presenza capillare e totale in tutti i mercati nazionali in cui sono presenti, a differenza delle etichette indipendenti che solitamente distribuiscono appoggiandosi a distributori nazionali esterni alla loro struttura societaria o attraverso il vecchio sistema del mail order, cioè con contatti diretti con negozianti, altre etichette o addirittura privati ed appassionati.
PRODUZIONE
L’ultima forma discografica che ti mostro oggi è quella del contratto di produzione che una band sottoscrive con un produttore singolo o una società che finanzia il suo disco (o partecipa alle spese).
In questo caso il produttore fa da intermediario tra la band e l’etichetta con tutta una serie di implicazione economiche non troppo vantaggiose per l’artista.
Come per il contratto con l’etichetta indipendente, un produttore può partecipare all’investimento per la produzione con una percentuale molto variabile che va da 0 a 100%.
Più alto è il contributo del produttore, maggiori saranno le percentuali royalties che andranno cedute nel successivo contratto discografico a suo favore.
In questo caso, il produttore non soltanto si vedrà corrisposta una percentuale sulle vendite a titolo di compenso e rendita futura, ma sarà esclusivo beneficiario delle royalties pagate dall’etichetta fino al suo break even point, cioè finché il suo investimento nella produzione non sarà ripagato del tutto.
Come detto in precedenza per altre forme contrattuali, anche questo meccanismo ha tutta una serie di livelli intermedi che possono essere discussi in fase di negoziazione, ma il tuo potere contrattuale dipende dal tuo grado di consapevolezza delle dinamiche sistemiche ed ovviamente dal peso specifico nel mercato. Per dirla in parole povere, un artista che vende tanto può imporre condizione estremamente più favorevoli per sé stesso in quanto ci saranno molti più soggetti a competere per lavorare con lui.
Epilogo
Questa è solo una sintesi delle principali questioni riguardanti i rapporti discografici ed un’estrema semplificazione dell’universo discografico che al suo interno ha migliaia di combinazioni ed ingranaggi ulteriori.
In ogni caso, come sempre, è necessario, soprattutto all’inizio della tua carriera, non cavalcare l’onda del sentito dire ed essere molto attento per cercare di capire quale strada e quali scelte sono le più utili e fruttuose per la tua band ed il tuo progetto.
Un contratto discografico può ancora cambiarti la vita, ma solo se è quello giusto!
Buona musica e alla prossima.
Ciao, i tuoi articoli sono molto interessanti e soprattutto molto chiari per chi, come me, è abituato ad ascoltare musica ma non è molto addentro a tutto ciò che c’è dietro alla creazione di un brano musicale o di un disco. È da poco che sono interessata a questi argomenti ma sono molto curiosa. Ancora complimenti!
P.S. Non so se rientra negli argomenti di cui hai già parlato (mi sembra di no) ma spero che prima o poi scriva un articolo sulla SIAE, se sia obbligatorio o meno iscriversi e/o consigliabile, con qualche dritta sull’argomento.
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Ciao, grazie mille del tuo commento!
Prossimamente scriverò sicuramente qualcosa sulla SIAE e sulle questioni legate al diritto d’autore e alla sua tutela dato che molte persone me lo stanno chiedendo.
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Buona musica!
Alessandro
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Ciao,
articolo molto interessante. Ho una domanda a cui non trovo risposta però, magari tu mi sai aiutare. Sono già iscritto alla SIAE, ma vorrei cominciare a gestire da solo le mie cose, svincolandomi dal mio attuale distributore. Pensavo a uno dei vari distributori online. La domanda è, posso\conviene depositare comunque i mie brani (100% miei) in SIAE e distribuirli online? Se creo dei video per le mie tracce su youtube, si crea un conflitto tra il distributore e la SIAE per quanto riguarda il collezionare le mie entrate? Cioè, canale youtube MIO, tracce MIE. Oppure, qualcuno utilizza una mia traccia per un video, senza la mia autorizzazione. Ammesso che SIAE sia in grado di individuarlo (immagino con accordi tecnici con youtube), riscuoterà lei \ chiederà la rimozione, o sarà coinvolto anche il distributore (che distribuisce anche su youtube music)?
Grazie e buon lavoro!
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Ciao Dani, puoi depositare i tuoi brani utilizzando Siae o un’altra società di collecting senza nessun problema riguardo alla distribuzione digitale tramite aggregatori. Inoltre i cespiti da cui trarre profitto sono in questo caso due separati: da una parte vi è la componente materiale del diritto d’autore che prevede un corrispettivo economico collegato alla paternità dell’opera (tutelato da Siae); dall’altra ci sono le royalties che afferiscono solo al fonogramma, cioè al brano nella sua versione registrata, che viene distribuito attraverso l’aggregatore.
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Ciao Alessandro ho recentemente firmato un contratto per un mio pezzo con una casa discografica che si chiama Mojoheadz records , tu la conosci?, mi hanno chiesto documenti ecc .. ho sempre paura che dietro si nasconda qualcosa di losco , ti faccio i complimenti per l’ articolo un saluto Stefano
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Ciao Stefano, grazie mille per il commento. Non conosco Mojoheadz Records, mi dispiace.
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